[…] Noi sosteniamo che il mondo, dagli anni 80 in poi, è entrato in un epoca senza precedenti nella storia dell’umanità, marcata da un crescente cambio di massa. Iniziò ad apparire la frase:

L’unica cosa che oggi è stabile è il cambiamento, tutto il resto si sta trasformando.

Il cambiamento non è più quello di prima, il cambio cambiò, ha smesso di essere costante. Fino ad oggi constatavamo che l’aumento della velocità del cambiamento seguiva modelli lineari e accumulativi, che si producevano all’interno di cornici di stabilità, cercando di cogliere le opportunità associate alle nuove trasformazioni. Questo modello di sviluppo era alterato solo da eventi eccezionali e isolati, chiamati rivoluzioni.

Tutto questo è finito, il cambio ha alterato i suoi modelli di sviluppo ed è diventato esponenziale, sistemico, qualitativo e i modelli precedenti di stabilità si sono dissolti e ci costa trovarli da qualche parte. Cosa successe? Che fattori provocarono l’emergenza di questo nuovo scenario? La globalizzazione dei mercati, l’espansione della libertà individuale, l’accesso a fonti crescenti di energia, l’abbondanza e la disponibilità crescente di capitali. Tuttavia, il fattore che consideriamo il più importante è il notevole incremento della connettività nella dinamica che si produce nei componenti del nostro tessuto sociale, come risultato dello sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione associate con la rivoluzione digitale. La connettività si concretizza nel fatto che cambiamenti che si realizzano in un qualsiasi punto del sistema influenzano globalmente il resto delle componenti del sistema, che a loro volta generano altri cambi, che a loro volta hanno una capacità equivalente di influenza e quindi generano altri cambiamenti, in una spirale senza fine. Qualcosa di equivalente a un effetto massivo e ininterrotto di impollinazione incrociata, che produce una sorta di rivoluzione permanente.

La tecnologia dell’informazione e della comunicazione oggi sono riconosciute come le tecnologie fondamentali del cambiamento.Questo genera uno scenario completamente nuovo per la società. Uno scenario in cui il passato perde in maniera crescente valore, perché serve sempre meno ad affrontare i problemi del presente, e in cui il futuro si fa sempre più importante e allo stesso tempo più imprevedibile. Detto in altro modo, stiamo vivendo onde massive di trasformazione che generano, come mai lo hanno fatto nella storia, onde massive di obsolescenza. L’immenso potere creativo, che accompagna queste trasformazioni, si verifica insieme a processi distruttivi equivalenti, prodotti dalle trasformazioni stesse. Quello che per molto tempo funzionò, oggi scopriamo che smette di farlo, e questo si manifesta nelle nostre relazioni personali, nella famiglia, nell’educazione, nella politica, nelle chiese, nella cultura, nella struttura dell’impiego. Si dice che il 70% dei mestieri attuali saranno obsoleti tra 15 anni, e qualcuno dice che la previsione è sottostimata. Ciò avviene nelle nostre conoscenze e competenze, e quindi anche nelle nostre professioni, nelle istituzioni e organizzazioni, nella nostra sensibilità di valori e convinzioni.

Tutto questo solleva innumerevoli sfide e problemi, tuttavia, il problema più serio non viene dallo scenario in cui ci troviamo, il problema più serio lo troviamo in noi stessi. La trasformazione, e la sua corrispondente obsolescenza, non la possiamo trattenere, possiamo solo adeguarci a questi fenomeni e, per quanto possibile, influenzare la direzione che questa assume. Bene, questo non lo stiamo facendo. Il problema più serio non sono le onde di trasformazione e obsolescenza ma la nostra capacità di rispondergli. Questo è il problema principale con cui si confronta l’umanità.

Cosa ci impedisce di implementare la capacità di risposta di cui abbiamo bisogno? Il principale problema con cui oggi ci confrontiamo riguarda la nostra forma di essere, visto come siamo marcando la differenza. A meno che non ci “formattiamo” molto profondamente non potremo sviluppare la capacità di risposata alla quale siamo obbligati. La nostra forma di essere è diventata obsoleta. Questo significa che evidenziamo un’obsolescenza del tipo di essere che siamo. La chiamiamo uno obsolescenza ontologica. Questo è il problema più serio con cui si confronta l’umanità. Questa è la crisi più importante. La radice di questa crisi sta nel fatto che siamo intrappolati, senza esserne consapevoli, in una certa concezione della realtà – cioè in un’ontologia – che ci impedisce di generare il senso della vita di cui gli esseri umani hanno bisogno […].

(Estratto tradotto da una conferenza tenuta in Argentina, a Cordoba, il 25 maggio 2018)

Rafael Echeverría