Riprendendo un precedente articolo sull’ascolto, vorrei far atterrare quel cambio di paradigma così illuminante, offrendovi degli strumenti concreti per migliorare le vostre capacitò di ascolto e quindi le possibilità di essere ascoltati.

Bla hablaLA BRECCIA DELL’ASCOLTO

Iniziamo dalle fondamenta: emittente e ricevente non potranno mai condividere completamente lo stesso contenuto, perché ognuno di noi è un osservatore unico, con il suo irriducibile punto di vista. L’ascolto è l’unico modo che abbiamo per poterci avvicinare al punto di vista dell’altro, cercando di indicargli ciò che vediamo dal nostro. Le neuroscienze insegnano che ogni percezione, nella misura in cui è un’interpretazione, è sempre un’approssimazione, più o meno precisa, rispetto alla realtà esperita. Solo riconoscendo questa breccia, gap o divario, talora abissale, possiamo adoperarci per ridurne lo scarto che ci separa. Non è così facile entrare in contatto con questo baratro, accettare questa solitudine percettiva ed esistenziale. La soluzione è cercare di abitare questa distanza riempiendola di vita, pur sapendo che non riusciremo mai a colmarla. Eppure il bello è proprio l’incontro/scontro. Non è un caso che l’etimologia della parola bellum, sia la stessa per la parola guerra. Nel bello il conflitto tra diversità crea stupore, sorpesa, gioisa eccitazione. Questo è molto interessante, anzi, è interessante proprio perché sta nel mezzo tra due essenze distinte, inter-esse. Continuando con la linguistica, potremmo dire che accettare questa breccia ci aiuta a sperimentare in maniera più serena questa solitudine che, se da un lato ci fa sentire separati, isolati, quasi abbandonati, dall’altro permette la relazione, che sarebbe impossibile in caso di fusione, sovrapposizione o coincidenza perfetta.  E’ avvicinando o allontanando questa differenza che l’essere umano può com-prendere o dis-cernere. Notare la distanza tra due punti, dis-tinguere, diventa un atto fondamentale per poi scegliere come, quando e quanto avvicinarli al proprio punto di vista.

Possibilmente qualcuno di voi si starà domandando: ma in pratica? Funambol

L’ontologia del Linguaggio fa riferimento a due atteggiamenti da utilizzare per cercare di trasformare i limiti, che definiscono l’identità di ognuno di noi, in opportunità:

  • Il primo è quello di riconoscere l’esistenza di questo divario e imparare a rispettare le differenze che inevitabilmente emergeranno da qualsiasi relazione.
  • Il secondo è prendersi cura di questa distanza, fare una sorta di monitoraggio e gestione di questo crepaccio e assicurarci che non raggiunga dimensioni critiche.

Non è semplice quanto sembra, proprio perchè si tratta di gestire la dualità di questo diaolgo generoso, in cui si riesce a dare solo se si è disposti a lasciare lo spazio per ricevere. Per esercitarsi, ognuno può escogitare le tecniche a lui più congeniali, la cosa più importante è acquisire questo nuovo punto di vista, accettare la continua ricerca di equilibrio delle parti in relazione.

La vita è come andare in bicicletta. Per mantenere l’equilibrio devi muoverti.

Albert Einstein

Per riuscire a gestire questo equilibrio è fondamentale un “Satori“, ossia un rendersi conto del nostro essere irriducibilmente parziali, una parte del tutto, per di più fatta di parti. Vediamone qualcuna:

  • La mente distingue e comprende: è consigliabile sospendere inizialmente il giudizio di ciò che pensiamo, partendo dalla messa in comune dei dati che riguardano l’argomento, del bisogno che abbiamo di condiverli e della nostra richiesta/offerta di soddisfazione.
  • L’emozione smuove e agita: è consigliabile accettare la sua qualità reattiva, automatico e incontestabile, senza giudicare e concentrandosi sulla fondatezza di ciò che percepisco, in me e nell’altro, e sui bisogni di cui questa reazione è portatrice.
  • Il corpo sente e fa: è consigliabile ascoltare i segnali sensoriali in entrata, senza giudicare, e farsi responsabili delle azioni fisiche in uscita, compresa la voce, e quindi la parola, che è anch’essa un’azione.

Questa modalità di comunicazione, chiamata anche  “comunicazione creativa” o “comunicazione compassionevole” è basato su un uso di linguaggio che rafforza la nostra capacità di mantenere una qualità emotiva anche in condizioni difficili. Quando la comunicazione ostacola la benevolenza, diventa una “comunicazione alienante”, che estrania dalla realtà e quindi mortifica e umilia.

Nei prossimi articoli cercherò di proporvi ulteriori riferimenti, per ora lascio ad ognuno di voi la ricerca del proprio Satori…

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