Sono sempre più frequenti i contributi teorici che riguardano la cosiddetta “cognizione incarnata” (F. Varela, E, Thompson, E. Rosch, The embodied mind,1991), ossia quella teoria secondo cui i processi cognitivi e le connessioni neurologiche dipendono fortemente dalle esperienze fisiche corporee della persona.

All’inteno di questi studi, approfonditi prevalentemente dalla psicologia cognitiva, i contributi della Gestalt Theory sembrano piuttosto rari. Il libro “Il corpo consapevole, un approccio somatico ed evolutivo alla psicoterapia“, della terapista della Gestalt Ruella Frank e della psicoanalista Frances La Barre, rappresenta una gradita eccezione.

Le due dottoresse partono dall’inizio della vita, o quasi, affermando che il repertorio di movimenti che sviluppa progressivamente il feto e il neonato, nel primo anno di vita, è alla base del linguaggio, e quindi del pensiero e della coscienza che la persona avrà di sé e del mondo.

Le dottoresse offrono ai lettori un’analisi dettagliata di sei movimenti di base, che rappresentano sei angolazioni diverse da cui è possibile rivedere e comprendere, sotto una nuova luce, la logica e l’importanza di questo precoce periodo non verbale.

Vediamoli singolarmente:

0. ZERO POINT: dalla fecondazione dell’ovulo all’inizio della comparsa di organi e arti, l’embrione è diventato un feto, misura circa 6,5 centimetri, pesa circa 73 grammi e ancora non si muove, o meglio, muove solo il cuore. In questa dimensione di galleggiamento nel liquido amniotico, il feto non ha contatti con la madre, se non attraverso il cordone ombelicale che, tuttavia, appartiene anche a lui, è indifferenziato, potremmo dire. Questa dimensione di sospensione, non è considerata dalle autrici, e potremmo chiamarla “punto zero”, utilizzando l’espressione di Fritz Perls (1947), ossia di stato a partire dal quale si innesca qualsiasi processo di definizione e individuazione, attraverso la differenziazione in opposti.

01 Ruella_yielding whit

1. YIELDING WITH: dopo il terzo mese, il feto è sufficientemente grande e mobile da entrare in contatto con la parete uterina e scatta qualcosa. Poggiandosi sulla madre scoprirà l’esistenza di una dimensione di cui è soggetto. Ciò che il feto tocca, o da cui viene toccato, è la prima differenza che genera l’informazione, è il primo “qui e ora“, un luogo che include un soggetto che lo esperisce. Dal “punto zero”, infatti, emerge un “uno”, il proprio corpo, capace di percepire. La configurazione di stimoli, che secondo le autrici emerge in questo momento, diventa un pattern cinetico relativo al CEDERE.  Sarà proprio questo riferimento a offrire quella base cognitiva “incarnata” attraverso cui apprezzare la possibilità di stare, affidarsi, venir meno, arrendersi, rinunciare, indietreggiare, ritirarsi, cadere, abbandonare, adattarsi.  Secondo tale modello, a questo pattern si associano anche gli aggettivi correlati a questi verbi. Cedevole, ad esempio, può essere inteso come qualità di non resistenza a una spinta, come modalità di adattamento. Una persona “cedevole”, a yielding person, è una persona che, quando lo reputa utile o necessario, sa cambiare il modo in cui si comporta o affronta la realtà.

2. PUSHING AGAINST: 02 Ruella_pushingil feto cresce e sente il suo movimento ostacolato da uno spazio sempre più ridotto, sul quale può esercitare una pressione. Se il cedimento è uno stare in contatto di un centro con una periferia, nello SPINGERE CONTRO i punti diventano tre, aggiungendo alla superficie di appoggio quella di spinta. Questo movimento aggiunge la componente di forza a quello di sensibilità, la forza oppositiva. Ogni volta che muovo il mio peso, infatti, trovo una resistenza, ossia un qualcosa che si oppone al mio movimento, che altrimenti affonderebbe nel vuoto. Queste forze opposte creano una linea, materializzando i concetti di vicino e lontano da me, spandendo il concetto di “qui e ora”, rendendolo modificabile. Nello spingere, la repulsione permette di posizionarsi e spostarsi. Il contatto di uno dei miei arti (testa, base del bacino, braccia, gambe) reso possibile dalla spinta, organizza il corpo dell’individuo, evidenziandone le relazioni e le dinamiche spaziali. Questo spostamento bidirezionale primordiale è un verbo che esprime una forma di azione che l’individuo successivamente utilizzerà nel reagire rispetto a qualcosa che minaccia la sua integrità, un disequilibrio o una differenza. Saper cedere e spingere diverranno movimenti fondamentali nella gestione del conflitto, nel ripristinare un equilibrio, nel manifestare assertività.

3. REACHING FOR: 03 Ruella_reachinguscito dal ventre materno, il bambino è immerso in un mondo di cose nuove e lontane che può raggiungere grazie alle sue capacità di spinta. Il risultato è lo sviluppo di un movimento espansivo, di esplorazione del nuovo spazio circostante, in cui dovrà ritrovarsi. Il pattern di questa fase è il RAGGIUNGERE o avvicinarsi a un “lì e allora“, luogo e momento in cui avverrà la soddisfazione delle necessità del bambino, che hanno smesso di essere soddisfatte automaticamente. Per sopravvivere dovrà fare lo sforzo di respirare, di succhiare e di liberarsi dal fastidio della digestione e dei suoi scarti. Dopo l’aria, raggiungibile con il movimento polmonare, il secondo oggetto da raggiungere sarà il calore materno e il terzo il seno. Utilizzando una combinazione equilibrata di cedimento e spinta, il bambino sperimenterà una sorta di impotenza/devozione, verso ciò che viene o non viene da fuori. La frustrazione dei tentativi di raggiungere o avvicinarsi, spinge il bambino ad aggrapparsi alla prossimità e a perdere quella confidenza esplorativa tipica delle forme di attaccamento insicuro ambivalente, descritto da Mary Ainsworth.

04 Ruella_grasping4. GRASPING ONTO: una volta in prossimità di quel qualcosa, di quel seno gonfio, il bambino ritroverà il suo attaccamento a qualcosa di familiare. Il pattern di questa fase è l’AFFERRARSI A, l’aggrapparsi, il tirarsi su. A differenza della spinta, qui il movimento è quello che permette un possesso reale dell’oggetto di interesse. Afferrando il tempo si dilata, non è solo occasionale, e ciò rende possibile concentrare le proprie intenzioni per conosce ulteriormente l’oggetto, manipolarlo, sviluppando le capacità necessarie al mantenimento della presa. La capacità di afferrare ha a che vedere con la padronanza, con la destrezza, qualità psicomotoria e cognitiva perché permette la conoscenza approfondita e concreta dell’altro da me.  Anche nel suo etimo, per alcuni afferrare viene dal latino “ad + fero” portare a se, per altri “ad + ferrum”, “impugnare un ferro”. In entrambe i casi si evidenzia il valore strumentale di questa modalità che permette di agganciare, ancorare l’altro, acchiapparlo, prendendolo al cappio.

5. PULLING TOWARD: una volta afferrato, l’oggetto potrà essere avvicinato a sé, a volte addirittura ingoiato. Questo è il pattern del TIRARE verso sé, 05 Ruella_pullingun movimento che ci permette di “recepire” e di “essere recepiti”. In questo senso parla di inclusione, di accoglienza e di unione ma anche di selezione, di separazione, di rifiuto. Tirare verso, infatti è un modo diverso di andare verso e di aggrapparsi associato ad un maggior gradimento, anche aggressivo, dal latino ad-gradere. Anche il bambino, infatti, passata la fase in cui si beveva più o meno tutto ciò che gli davano, inizia a tirare e anche forte. Da bambini, la bocca è la parte del corpo che svolge molte funzioni, veicola la respirazione (in out), l’alimentazione (suzione prima e poi masticazione), l’esplorazione (tatto e gusto) e la comunicazione (dai vagiti alle prime parole). Grazie alla bocca iniziamo a conoscere l’altro superficialmente ma anche in profondità, incorporandolo e capendo se è buono o cattivo per noi. Crescendo, alla bocca si aggiungeranno molte altre parti del corpo, incluso i denti di cui parlerà approfonditamente Perls nel suo “Io, fame e aggressività”, e altrei pattern che hanno a che vedere con il portare il mondo verso di noi, e quindi dentro di noi, o, viceversa, di tirarci dentro, ossia di portarci nel mondo per farne parte.

6. RELEASING FROM: dopo tanta incorporazione arriva il momento di allontanare da noi, rilasciare. Il pattern di questa fase è il LASCIAR ANDARE PER06 Ruella_releasing, è il movimento finale, quello in cui si perde il potere sull’altro da sé per guadagnare una visione meno egocentrica della realtà. Ciò che va in primo piano, ora, è un “io” ben differenziato che si cresce e si espande, dopo un’esperienza di relativa fusione con l’altro. Quello che prima era un “io” e un “tu”, un po’ disorganizzato, diventa un rapporto “io / tu”, che riconosce i propri limiti e quelli dell’altro, e permette l’esperienza del “noi”. Lasciar andare quindi ripropone l’esperienza di abbandonarsi che c’era nell’appoggio intrauterino, tuttavia con alcune differenze. Nel qui e ora di questa esperienza si ritrova un nuovo adesso, simile e innegabilmente trasformato, perché pieno dell’assenza di ciò che c’era nel passato. Lasciar andare è riuscire a cambiare la propria visione del mondo, aprirsi all’imprevisto senza dover combattere costantemente per averlo o illudersi di poterlo evitare. Lasciar andare fa anche rima con accettazione, perdono e talvolta richiede di elaborare un lutto. Come il paracadutista che vola in cielo, lasciarsi andare è un vero “atto di fede” verso una vita che continuerà. L’incapacità di accettare gli eventi, rimanendone aggrappati, soprattutto quelli che ci fanno soffrire, genera sofferenza che può continuare per tutta la vita.

Lais e danza terapiaCome accennato in un articolo precedente, utilizzo queste modalità psico-motorie come proposte terapeutiche e di sviluppo personale all’interno di differenti contesti. La teatro terapia, la biodanza e il movimento autentico offrono dei setting incredibilmente potenti per sperimentare l’embodiment.

I sei movimenti permettono di esplorare lo stato delle nostre risposte comportamentali inconsapevoli rendendo coscienti aspetti più profondi legati sia a unità percettive che di senso. I pattern, possiamo chiamarli anche frame o meme, hanno comunque a che vedere con elementi culturali e identitari di significato.  Attraverso il movimento, diviene possibile agire all’interno del pattern, riprogrammando  emozioni e pensieri, lasciando che il corpo parli, educhi e torni ad accompagnarci piacevolmente.