Che l’arte e la cultura facciano bene alla società è un’opinione di senso comune, sostenuta anche da diversi articoli della Costituzione italiana (9, 33, 34.) tuttavia, i processi attraverso cui ciò dovrebbe accadere non sempre ricevono la stessa attenzione e spesso sono dati per scontati, come se bastasse andare a scuola, in biblioteca o in un museo per apprendere, crescere o impregnarsi di cultura.

Psychopop crede che la sola esposizione o una semplice interazione non sempre sia sufficiente.

Per permettere un immagazzinamento dell’esperienza e una ristrutturazione cognitiva, emotiva ed esistenziale è necessario saper attivare nuovi sguardi su noi stessi e sul mondo, in cui la ricerca di nuove modalità di essere, di intendere, di volere e di fare, diventa fondamentale.

Applicando questo paradigma al museo, qualsiasi esposizione artistica diventa potenzialmente “relazionale” e “trasformativa”, nel senso che offre al visitatore la possibilità di uno scambio, tra le opere e il pubblico, per produrre pensieri, emozioni e azioni nel presente, che vanno oltre l’estetica o l’inquadramento storico e biografico delle opere e degli autori.

La Gestalt-Therapy, come approccio psicologico che pone l’accento sull’esperienza immediata e sul qui e ora come modalità di revisione e crescita esistenziale, è una disciplina molto attiva in tal senso. Alcuni esempi sono il programma “Engage with Art“, del Museum of Contemporany Art di Los Angeles. “Artful Conversation“, al Museum of Modern Art di New York o “Artful Meditation” al Museum of Modern Art di Chicago. 

Anche la psicologia cognitiva, soprattutto attraverso le pratiche di Mindfulness, sta prendendo sempre più piede, all’interno di quest’ottica di museo relazionale e trasformativo, tanto da proporre l’utilizzo di una sua definizione commerciale, il “Mindful Museum”. Un bellissimo esempio italiano, in tal senso, è il lavoro svolto da Marco Peri, storico dell’arte e responsabile dei servizi educativi per i musei. Come vale per le “Visite Museali Gestaltiche”, l’approccio “Mindful” intende il museo come un luogo di benessere. La differenza sta nell’uso che viene dato alla sensibilizzazione estetica. Nel lavoro di “Gestalten”, l’obiettivo è “mettere in forma” ossia “dare una struttura significante” a ciò che resta impresso nel pubblico durante e dopo la visita. In questo modo, opportunamente sensibilizzati, guardando un’opera esposta ci esponiamo, il nostro corpo entra in risonanza, le emozioni divampano dalle percezioni e la mente inizia a vagare, lasciando emergere emozioni e pensieri che hanno a che vedere con l’attualità di alcuni bisogni di fondo che poi possono essere approfonditi. 

La Gestalt-Therapy offre, quindi, delle strade per esplicitare queste figure e potenziare il loro valore benefico, trasformandole in indicazioni benefiche, utili per una gestione maggiormente soddisfacente del proprio presente.

L’arte, l’artista e i materiali artistici, in questo modo, generano benessere perché riescono ad accompagnare la persona, la coppia, il gruppo o la comunità, a esplorare il mondo in cui vivono e il mondo nuovo di cui sono portatori, lasciando che immagini, pensieri e sentimenti, esplicitino gusti e modalità, soggettive e culturali, di dare senso e forma all’esistenza, forme che ognuno potrà portare nel proprio presente, trasformandolo.

Ogni essere umano è un artista perché interpreta creativamente se stesso e il suo contesto

Attraverso la Mindfulness, invece, l’arte viene contemplata per vivere un’esperienza sensoriale simile a un momento di meditazione, permettendo di apprezzarne maggiormente i dettagli, le evocazioni emotive e le eventuali risonanze del gruppo che ne fa esperienza. I partecipanti sono guidati attraverso una breve pratica di centratura seguita da un’osservazione intenzionale di una singola o di più opere d’arte a cui segue una condivisione e una discussione.

Ulteriore aspetto interessante della pratica Mindfulness al museo è quello di far parte di un più ampio movimento, quello della Slow Art.  Come per lo Slow Food, la premessa di questo movimento è che il consumatore di arte dovrebbe potersi godere consapevolmente e deliberatamente le opere d’arte piuttosto che limitarsi a rimpinzarsi di immagini. Un tal Phil Terry ha avuto l’idea nel 2008 quando, immergendosi principalmente in due dipinti astratti, che erano presenti trascorrendo ore al Jewish Museum di New York: Fantasia di Hans Hoffman e Convergence di Jackson Pollock. Un anno dopo, 16 musei hanno avviato una Giornata ufficiale dell’arte lenta, in cui i visitatori si sono registrati per vedere cinque opere d’arte trascorrendo 10 minuti con ogni pezzo e sono stati invitati a incontrarsi più tardi a pranzo per discutere dell’esperienza.  Da allora, più di cento musei e gallerie hanno partecipato a quello che nel 2015 è diventato un appuntamento annuale, lo Slow Art Day. L’obiettivo degli organizzatori è che il pubblico possa guardare le opere invece di passare il tempo a collezionare stimoli o a leggere le informazioni sulle stesse, come le note stampate accanto a un’opera.

Per esperienze estetico-esistenziali di questo tipo non esitate a contattarmi: Psychopop rende la vita un’opera d’arte da godersi pienamente!