Psychopop

PsychoPop è un progetto che mira a promuovere un tipo di psicologia Psycho, post-moderna, pragmatica e coinvolgente, e Pop, nel senso di  Popular, ossia rivolto tutti e tutte, e Pop, ossia attento ai sistemi di comunicazione e alle rappresentazioni sociali della realtà.

All’interno della complessità contemporanea, la nostra attenzione si rivolge alla presa di consapevolezza e all’attualizzazione dei sistemi di decodifica e di azione, alla revisione del senso comune, dei pregiudizi ineluttabili, dei punti ciechi, delle credenze limitanti e dei posizionamenti automatici esistenti in ogni realzione individuo-individuo e individuo-mondo.

Lo scopo è incentivare il benessere del singolo, e della comunità, e rendere palpabile l’abbondanza che ci circonda,  permettendo a chiunque di destreggiarsi tra le sempre più frequenti e rapide onde di trasformazione ambientale che generano, come mai hanno fatto prima nella storia, onde massive di obsolescenza socioculturale.

La visione di PsychoPop si concretizza attraverso:

  • nuove modalità, scientifico-sperimentale e narrativo-spirituale, di utilizzare la psicologia popolare;
  • comunità di apprendimento multidisciplinare su temi psicologici, in dialogo con l’esistente;
  • luoghi di confronto psicologici, un’avanguardia relazionale, di spinta al sentire e all’agire consapevole;
  • staff di facilitatori del cambiamento, di trasformazione personale e sociale, di creazione di realtà autentiche, attuali, efficaci e piacevoli, che permettano a tutti di trovare le proprie modalità di prosperare all’interno della società contemporanea.

Psychopop, in quanto sistema complesso e aperto, offre la possibilità di partecipare al progetto in una delle seguenti aree:

  • Definizione dei saperi psicologici da rendere un bene dell’umanità.
  • Proposta metodologica di applicazioni pratiche da includere tra le offerte di Psychopop.
  • Esplorazione e aggiornamento dell’esistente e delle nuove frontiere della relazione di aiuto.

Un po’ di storia

Con il termine “psicologia popolare”, o “psicologia ingenua” (pop psychology o psych pop in inglese), si è soliti riferirsi a tutta quella serie di concetti e teorie sulla mente, e sui comportamenti umani, che trovano credito tra la popolazione. Alcuni di essi sono presumibilmente basati su concetti psicologici, altri provengono dal più generale senso comune.

Il termine “Pop Psychology” viene utilizzato secondo due accezioni:

  • in modo dispregiativo, per descrivere concetti psicologici troppo semplificati, alla moda o fuori moda, in ogni caso non provati, fraintesi o male interpretati, e autori, consulenti, docenti e animatori che sono ampiamente percepiti come psicologi dalla massa, non a causa delle loro credenziali accademiche, ma perché si sono promossi in modo analogo, entrando a far parte di quella rete tentacolare di fonti quotidiane inattendibili sul comportamento umano;
  • in modo neutro, per descrivere un tipo di saperi psicologici e di prodotti professionali approvati e validati da un buon numero di esperti, e quindi destinati alla divulgazione pubblica. In questa seconda accezzione rientra tutta quella serie di metodica e manualistica, accessibile agli addetti ai lavori e non solo, presente nei programmi di accreditamento professionale e non solo, protetta o meno da copyright, che in un certo senso fa parte del patrimonio psico-socio-culturale dell’umanità.

Dal 1500, periodo in cui nacque il termine “psicologia” così come lo intendiamo oggi, questa disciplina delle scienze umane ha ottenuto un riconoscimento clinico e un’interesse crescente nella società. A livello di psicologia popolare è soprattutto il diffondersi della psicologia sociale, dai primi del ‘900, e delle forme di controcultura politica, sociale e spirituale, a partire dagli anni ’60, a contribuire alla sua diffusione in occidente. Basti pensare all’influenza che ha avuto la psicoanalisi, il comportamentismo, il cognitivismo, la Social Cognition, da un lato, e la cosiddetta Terza Forza, dall’altro. Attualmente, sebbene la psicologia abbia abbandonato l’idea di proporsi come scienza quantitativa unitaria, resta ancora parzialmente irrisolta quella ridefinizione del reportorio comune di risorse psicologiche e spirituali degli esseri umani, agoganta dai movimenti degli anni ’60. L’integrazione, oggi, non riguarda solo lo studio degli stati superiori di coscienza e le esperienze trascendenti di cui parlava Hofmann e il Movimento del Potenziale Umano, o HPM (Human Potential Movement), ma anche lo sviluppo dell’intera psicologia umanista, ossia delle questioni sollevate negli ’70 da Abraham Maslow, Carl Rogers e Wilhelm Reich, ad esempio, e quindi dalla psicologia positiva, le tecniche compassive, le terapie brevi, le tecniche corporee, la  PNL e molta dell’antipsichiatria. Certo, il mancato empirismo di alcuni di questi movimenti sollevano molti interrogativi e critiche plausibili. Tuttavia l’assenza di dialogo e di definizione di ambiti e competenze d’intervento non fa che alimentare l’ambiguità del termine psicologia popolare, che resta diviso tra sostenitori e detrattori.

In accordo con quanto George Armitage Miller, uno dei fondatori e massimi esponenti storici della psicologia cognitiva, affermava durante il suo discorso di presentazione del futuro dell’APA, American Psychological Association, affermiamo che:

“il vero impatto della psicologia si farà sentire, […] attraverso i suoi effetti sul pubblico in generale, attraverso una nuova e diversa concezione pubblica di ciò che è umanamente possibile e ciò che è umanamente desiderabile”.

Al di là della profezia di Miller, siamo consapevoli delle minacce e delle opportunità nel prendere il “buon senso” come strumento di orientamento e definizione di ciò che esiste o dovrebbe esistere. Il suo valore, in quanto giudizio, sta proprio nell’offrirci una spiegazione della realtà e quindi degli indizi sul tipo di osservatore che la percepisce. Questa è la sfida che propone Psychopop, partire dalla psicologia popolare per restituire alla psicologia il suo essere “logos”, ossia ragione e discorso al tempo stesso. Per raccoglierla non non c’è come far incontrare i saperi racchiusi nelle università, nelle scuole di specializzazione, nei laboratori di ricerca e negli studi privati, con quelli dell’opinione pubblica, con le sue credenze, le sue preoccupazioni e le sue nuove forme di benessere, anche ingenue. Se oggi, come dicevamo, è davvero conveniente o necessario combattere l’obsolescenza, è fondamentale che la psicologia sappia confrontarsi con le evidenze dei suoi tempi. E’ nostra convinzione che rendere la psicologia popolare, in generale, significa abilitarla, renderla ecumenica, ecologica, evitando che venga svalutata a semplice metodo prescrittivo e di controllo mentale, affettivo e comportamentale dell’individuo e della società.

La gente arriva a credere non sulla base di prove, ma in base a quello che trova attraente.

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