SIAMO TUTTI UN PO’ NORMALI E SIAMO TUTTI UN PO’ PATOLOGICI.

Chi decide qual’è la giusta dose di nervi?

Di solito la persona stessa, che non si sente bene, in casi estremi la società, che interviene quando la persona diventa un pericolo per qualcuno.

Tra un estremo e un altro c’è un abisso, che le persone decidono di affrontare, o no, per vari motivi e in vario modo.

NEVROTICI!

Avere un disturbo nevrotico è semplice basta sentirsi troppo o troppo poco nervosi.

La nevrosi è un nome generico che raggruppa una varietà di sintomi, quali la presenza eccessiva di stress, preoccupazioni, paure, fobie, ossessioni e instabilità emotiva, accompagnati da un senso di insoddisfazione e inadeguatezza rispetto ai propri comportamenti. La nevrosi, da un lato è una patologia, dall’altro è uno dei cinque tratti principali di personalità, insieme all’estroversione, la gradevolezza, l’apertura e la coscienziosità (Fiske, 1949). Questo perché ogni tratto può diventare patologico, se supera un certo limite: tutto dipende dal grado di disagio avvertito dalla persona o dalla legge.

A cosa è dovuta la nevrosi?

Tornando alla nevrosi come disturbo, può essere causata da fattori esterni, interni o relazionali. Tra i primi troviamo l’esposizione a situazioni di stress cronico o la presenza di esperienze traumatiche o dolorose, sia nel presente che nel passato della persona.  Tra i fattori interni, troviamo tutta una serie di squilibri neurochimici congeniti o no, perché magari collegati all’uso di medicinali, all’abuso di sostanze o a ragioni fisiologiche. Tra i fattori relazionali, troviamo le cosiddette “strategie di coping inadeguate“, ossia la presenza di comportamenti protettivi inefficaci nel far fronte alla realtà in maniera soddisfacente, dovuti a una mancanza di esperienza e di educazione o alla presenza di esperienza e di educazione non compatibile con la realtà in cui si è immersi o che si sta affrontando nel presente. Per questo, molti disturbi nevrotici si presentano durante la pubertà quando, nella vita della persona, vengono a sovrapporsi diversi elementi esterni, interni e relazionali come: il cambio del contesto scolastico, i valori ormonali e fisici, elementi identitari e relazionali tra coetanei e non. Per lo stesso motivo, anche se in maniera meno vistosa o socialmente riconosciuta, i disturbi nevrotici possono manifestarsi in qualsiasi fase del ciclo della vita di una persona, le cosiddette “crisi dell’età”. Lo psicologo e psicoanalista Erik Erikson (1987) ne individua otto, che presento in tabella.

Quando il grado di disagio è molto evidente, per intensità e/o frequenza, la diagnosi clinica utilizza parole diverse, identificando la presenza di un “disturbo depressivo maggiore”, di disturbi d’ansia, fobici o ossessivi. In breve, siamo tutti nevrotici, in quanto è solo una questione di quantità di frammentazione e grado di integrazione delle nostre rappresentazioni dell’esistenza, per dirla con le parole dello psicologo e psicoterapeuta gestaltista Oliviero Rossi (1997).

PSICOTICI!!

Avere un disturbo psicotico è complicato, perché il problema non è mai il nostro.

La psicosi è quando la persona non riesce a distinguere cosa è la realtà e cosa non lo è. Le caratteristiche comuni per la psicosi sono: allucinazioni e delusioni, intese come false credenze idiosincratica, ossia che non cambiano anche se presentate con prove contrarie incontrovertibili. La psicosi è considerato un disturbo mentale molto più grave e raro della nevrosi. Allo stesso tempo, in virtù di quel riconoscimento delle parti nel tutto e del tutto nelle parti di cui parlavo prima, ognuno di noi attraversa dei momenti di psicosi. Quando, ad esempio, reagiamo eccessivamente a suoni, parole, immagini o sensazioni, che ci trasformano in ciechi dalla rabbia, dilaniati dalla tristezza, pietrificati dalla paura o al settimo cielo dalla gioia. Diversa, ovviamente, è la diagnosi clinica di disturbo psicotico, che include la schizofrenia, il disturbo bipolare (non in tutti i casi) e la depressione psicotica.

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 Tra questi due estremi, poi, c’è chi afferma di aver visto o di essere stato rapito dagli alieni, chi afferma di essere entrato in contatto con un defunto o chi avverte la presenza di uno o più intrusi in camera da letto, come nel famoso quadro “L’incubo”, di Johann Heinrich Füssli. Questo per dire che non sempre, questo processo allucinatorio, tra vero e falso, tra sogno e veglia, ha connotazioni patologiche. Quando la persona ha un buon rapporto con sé stesso e con il mondo esterno, il più delle volte, è in grado di convivere interpretando la realtà a modo suo, accettando il fatto di non essere l’unico a possedere la chiave di lettura. In questo modo, le allucinazioni e le razionalizzazioni, come i mostri o i visi familiari, diventano specchi innocui attraverso cui vedersi. Viceversa, il malessere nasce dal non saper accettare la coesistenza di fatti e opinioni e dal non saperli distinguere, perdendo la capacità di farli dialogare.

Prima che tutto ciò diventi patologico, accettare le proprie piccole nevrosi e psicosi può essere il primo passo per poi cercare di trasformarle in strumenti al nostro servizio. Il più delle volte, infatti, non si tratta di togliere ma di equilibrare e per farlo può essere utile confrontarsi con uno psicologo, psicoterapeuta o psichiatra, a seconda dei livelli del disturbo.